CULTURA – “Gli occhi della Gioconda”, Leonardo secondo Alberto Angela

– di Alessia Rabbai –
La Gioconda che racconta Leonardo. È il punto di vista suggerito da Alberto Angela durante l’incontro con i lettori, in occasione della presentazione del suo libro “Gli occhi della Gioconda” alla libreria Feltrinelli di Roma, in via Appia Nuova. Con le sue doti indiscusse di divulgatore, accompagna il lettore in un viaggio fantastico, entrando nella vita di Leonardo, mostrandone il genio e il volto umano, l’incontenibile creatività e le relazioni.

Professor Angela, qual è il legame che unisce Leonardo alla Monna Lisa?
«La Gioconda è una finestra sul mondo di Leonardo: attraverso di lei, è possibile capire come l’artista dipingeva e viveva. Ogni dettaglio del quadro stimola una riflessione: a partire dallo sguardo, che si posa a metà tra l’osservatore e l’infinito, e dal sorriso, il più enigmatico della Storia dell’Arte, grazie alla tecnica dello sfumato leonardesco che non permette all’osservatore di capire dove finiscono le labbra e inizia la pelle, al paesaggio dei calanchi e della prospettiva aerea. La Gioconda è un quadro rivoluzionario già nella sua epoca: Raffaello, la vede e ne rimane folgorato, ne fa un bozzetto a memoria e poi un quadro che è la prima copia ufficiale».
Cosa si nasconde dietro a questo quadro?
«I misteri irrisolti che da secoli avvolgono la Gioconda sono molti e nel corso della mia ricerca sono stato affiancato da Carlo Pedretti, massima autorità mondiale su Leonardo Da Vinci, che ha una cattedra negli Stati Uniti. Di uno di questi ci da indizio Vasari: nel suo libro che racconta la vita degli artisti, scrive che l’opera è stata commissionata da un mercante fiorentino, tale Francesco del Giocondo, per sua moglie Lisa Gherardini. Ma è possibile che un semplice mercante potesse chiedere a Leonardo un quadro? È un dibattito che dura da anni, forse quello che scrive l’artista non è la verità e la figura ritratta è un’altra donna. Dall’uso di dipingere più quadri uguali, come ad esempio nel caso della Vergine delle Rocce, è nata l’idea è che Leonardo abbia fatto due Gioconde, oltre alla celebre del Louvre, se esisterebbe una seconda, molto più giovane, proprietà di un consorzio svizzero, e che si trova a Singapore».
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Cosa rende così unica la Gioconda e quali significati racchiude?
«Attraverso un restauro digitale è possibile osservare i colori originali del quadro. I principali sono il verde e il giallo. Ha capelli chiari con boccoli che scendono ma oggi non si vedono perché il quadro è coperto da vernici ossidate poste fin dal ‘700 per il restauro. Il volto è particolare perché non ha sopracciglia e ciglia ed è strano perché, ancora Vasari, scriveva: “Aveva ciglia e sopracciglia così ben fatte che potevi seguire da dove nascevano dalla carne a dove uscivano ed erano orientate secondo i pori”. Tutto questo non è presente nel dipinto e gli studiosi si domandano se davvero parlasse dello stesso quadro del Louvre. Il velo della Gioconda non simboleggia il lutto ma la maternità. Gli occhi, castani, hanno due caratteristiche particolari che rendono lo sguardo unico al mondo: non è rivolto verso chi lo osserva, ma passa attraverso e si posa sull’infinito. Durante il Rinascimento le figure nei quadri venivano realizzate molto spesso di profilo: Leonardo ha fatto una cosa nuova, rappresentando una persona con il contrapposto leonardesco, come se fosse in movimento. Sotto questo aspetto è un fotografo, i suoi quadri non sono mai statici, come ad esempio, i personaggi del Cenacolo, ma sono intenti a far qualcosa, li ha fotografati, nella magia dell’istante. Quando si guarda la Gioconda, non si riesce a capire la sua espressione perché non è possibile cogliere i dettagli che la rendono comprensibile. A metà ottocento, l’espressione della Gioconda è stata considerata ammiccante ed è diventata un sex simbol come Merilin Monroe. Le sue mani, a differenza delle altre donne dipinte nei quadri di Leonardo, non tengono nulla ma la loro posizione è essa stessa un simbolo: significano fedeltà. Il paesaggio rappresenta i calanchi, probabilmente quelli che si vedono prima di arrivare a Firenze. Le montagne sono scure ma in lontananza azzurrine, perché Leonardo stesso scrive: “l’aria ha uno spessore che cambia i colori”. La strada e il fiume rappresentati non sono casuali ma servono per portarti gradualmente verso l’orizzonte, tutto quello che è in basso è vicino, quello che è in alto gradualmente sempre più lontano».
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Cosa ha significato per lei scrivere un libro su Leonardo Da Vinci?
«E’ stato difficile interpretare un uomo come Leonardo – confessa Alberto Angela – oltre che studiare le sue opere è necessario “andare di rimbalzo”, ossia cercare cos’hanno scritto su di lui coloro che hanno vissuto nella sua epoca. Quando cominci ad approfondire la vita di questo incredibile artista e quello che ha fatto, ti ritrovi di fronte a un genio: era un uomo che ha studiato l’anatomia e la metallurgia, che dipingeva quadri e affreschi e che componeva testi musicali, era uno scultore; è diventato famoso per aver ideato automi e disegnato vestiti di scena per le feste. Poteva essere chiunque: un ricercatore come un regista; studiava il corpo umano come un chirurgo e al tempo stesso sapeva costruire come un ingegnere aeronautico qualcosa che volasse. Tuttavia non era il solo: Leonardo è passato come il più celebre ma nella durante il Rinascimento esistevano molti leonardeschi, gente come lui, degli inventori».
Alberto Angela continuerà a incontrare i suoi lettori, gli appuntamenti sono consultabili sul sito http://www.rizzoli.eu/libri/gli-occhi-della-gioconda/.

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